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venerdì 17 luglio 2015

Moneta e inflazione (2/3) - la velocità di circolazione

Seconda puntata dedicata al rapporto tra inflazione e moneta. Qui la prima parte. 


Nella scorsa puntata abbiamo visto che la creazione di nuova moneta da parte della Banca Centrale (BC) è finalizzata ad aumentare il livello dei prezzi ad un tasso annuale prefissato, in accordo con l'equazione degli scambi. Abbiamo anche visto che la nuova moneta, non venendo distribuita uniformemente a tutti gli attori economici, può alterare la struttura produttiva e causare effetti redistributivi (tra i quali la cosiddetta tassa da inflazione). In questo senso, si può dire che la moneta non è neutrale: nel breve periodo, la creazione di moneta non cambia solo i prezzi, ma altera anche le variabili economiche reali. E nel lungo periodo? Dopo che la nuova moneta è stata iniettata nel sistema economico, è necessario un certo periodo di tempo prima che il livello dei prezzi si assesti su un valore più elevato; dopodiché gli attori economici si adeguano ad esso. A quel punto, l'unica conseguenza rimasta dell'emissione di nuova moneta è l'aumentato valore del livello dei prezzi. In questo senso, si può dire che la moneta è neutrale: nel lungo periodo, la creazione di moneta cambia solo il valore nominale delle variabili economiche [1].

Comunque l'aumento nella quantità di moneta si traduce in un aumento dei prezzi a seconda di come variano (o non variano) le altre grandezza: la velocità di circolazione (V) e la quantità di beni/servizi prodotti (Q). Per quanto riguarda V, ci sono vari fattori che ne influenzano l'andamento: la politica monetaria, la "salute" del sistema creditizio, le aspettative di inflazione, la domanda di moneta, il volume degli scambi commerciali, etc. In effetti, V rappresenta uno strumento matematico per tener conto di molti fattori diversissimi fra loro. La velocità della moneta non è un'entità unica, ed i suoi cambiamenti avvengono in conseguenza del mutamento di altre variabili. Per questi motivi, poco si può dire sull'andamento di V nel breve periodo. E nel lungo? Si può supporre che, data la natura ciclica o "caotica" di molti fattori, la velocità media di circolazione su tempi lunghi (per esempio: decine di anni) tenda a rimanere costante [2]. Consideriamo, per esempio, il tasso annuo di crescita dei seguenti parametri relativi agli Stati Uniti durante il periodo che va dalla fine della Seconda Guerra Mondiale a oggi: la base monetaria (M0), la corrispettiva velocità di circolazione (M0V), l'indice dei prezzi al consumo (CPI) ed il Prodotto Interno Lordo (PIL) reale. Come si vede dalla seguente tabella, il tasso medio di crescita di M0V è praticamente nullo [3]. Inoltre l'aumento di M0 ha più che controbilanciato l'aumento del PIL reale, producendo un tasso medio d'inflazione annuale pari al 4% circa [4]. 


In effetti, i due grafici in apertura mostrano che l'aumento della quantità di moneta negli ultimi 40 anni è correlato alla perdita del suo potere d'acquisto. Quindi, sul lungo periodo, aumentare la quantità di moneta aumenta i prezzi (o, comunque, li porta ad un livello più alto di quanto sarebbe stato altrimenti).
Ovviamente l'inflazione si può presentare anche nel breve/medio periodo, soprattutto se viene creata molta moneta in assenza di un corrispettivo aumento nella sua domanda. Solitamente si hanno due fasi: all'inizio i prezzi non aumentano tanto quanto la base monetaria, mentre in un secondo momento crescono più di quest'ultima. Cioè V diminuisce nella prima fase e aumenta nella seconda; alla fine, i prezzi si riallineano con la quantità di moneta. Possiamo notare questo fenomeno, per esempio, in un celebre caso di iperinflazione: quello della Repubblica di Weimar. Come si vede dal seguente grafico, l'Impero tedesco aumentò notevolmente la quantità di moneta durante la Prima Guerra Mondiale. All'inizio i prezzi non aumentarono altrettanto velocemente, ma nel 1919 recuperarono il terreno perduto. Poi la neonata Repubblica di Weimar riprese a creare moneta, e si presentò nuovamente la stessa dinamica: i prezzi non seguirono subito l'incremento della base monetaria, ma recuperarono in un secondo momento.


Tutto ciò è consistente con quanto abbiamo detto sull'effetto Cantillon. I prezzi non aumentano tutti assieme, istantaneamente e proporzionalmente alla quantità di moneta; l'inflazione ha sempre un certo ritardo rispetto alla creazione di nuova base monetaria.

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Weierstrass

[1] Un caso tipico è quello dei salari. In genere, essi non si adeguano istantaneamente al livello dei prezzi. Ciò significa che, nel breve termine, il salario reale dei lavoratori diminuisce all'aumentare dell'inflazione; questo può influire (per esempio) sul tasso di occupazione. Tuttavia, appena i lavoratori si rendono conto della perdita di potere d'acquisto, chiedono un adeguamento dei salari in relazione al mutato livello dei prezzi. A quel punto, cioè nel lungo termine, tutti gli effetti della creazione di moneta vengono annullati - eccetto l'aumento dei valori nominali. 

[2]
 Attenzione: non si sta dicendo che V rimanga costante. Si sta dicendo che, mediando su svariati decenni, gli aumenti di V tendano a compensarsi con le sue diminuzioni. Qui si può osservare un grafico relativo alla velocità della base monetaria negli USA e qui un grafico relativo alle sue variazioni annuali. 


[3] Per essere precisi: il valore 0% è consistente con quello calcolato (-0.4%) poiché la differenza tra i due è minore dell'errore standard (0.4% < 0.9%). 


[4] Una critica a questo tipo di analisi riguarda il fatto che la velocità di circolazione è manipolata dalla BC, per cui anche l'andamento di lungo periodo potrebbe esserne inficiato. Tuttavia, se la BC persegue come obiettivo un determinato tasso d'inflazione, i suoi interventi diventano ciclici ed i loro effetti - sul lungo periodo - hanno media nulla. 

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