Cerca nel blog

venerdì 3 novembre 2017

Miti statalisti: #11 il deficit pubblico crea denaro?

Come abbiamo visto in una puntata precedente, alla spesa pubblica a debito (deficit) vengono spesso attribuite proprietà fantasiose. Oggi discuteremo del mito secondo cui un deficit pubblico metta più denaro in circolazione.


Il mito nasce da varie credenze e, francamente, si fatica a riportarle in modo da conferire loro qualche senso logico. Comunque proviamoci. Uno Stato viene definito sovrano, ovvero dotato di moneta sovrana, quando la Banca Centrale (BC) è disponibile a monetizzare la spesa pubblica. Secondo il mito, la BC crea nuova moneta ogni volta che il Tesoro effettua una spesa, accreditandola ai rispettivi beneficiari; viceversa, la moneta raccolta tramite tassazione viene semplicemente "distrutta". Da ciò deriva una serie di conseguenze paradossali, come l'idea che le tasse non servano a finanziare la spesa pubblica e (appunto) quella secondo cui i deficit - la differenza tra quanto viene speso/creato e quanto viene tassato/distrutto - comportino un aumento della quantità di moneta in circolazione.

Iniziamo col dire che nessuno degli attuali paesi sviluppati (USA, Giappone, etc) definiti a moneta sovrana si comporta nella maniera sopra descritta. Come abbiamo spiegato in un precedente articolo, la BC crea moneta per acquistare titoli finanziari dalle (oppure prestare denaro alle) banche commerciali [1]. La spesa pubblica non ha alcun ruolo nell'emissione di nuova moneta. Inoltre, affinché il Governo effettui una spesa, bisogna che ci sia del denaro sul conto del Tesoro presso la BC. A sua volta, ciò si verifica solo se qualcuno paga le tasse o presta denaro al Governo, comportando il trasferimento di una certa quantità di base monetaria dai conti delle banche commerciali presso la BC al conto del Tesoro.
Ne deriva che le tasse servono a finanziare la spesa pubblica - o, perlomeno, una parte cospicua. Infatti non è vero che il denaro usato per pagare gli adempimenti fiscali venga "distrutto". Quando Tizio paga delle tasse, la sua banca addebita il suo c/c. Contemporaneamente, il conto della banca presso la BC viene addebitato a favore del conto del Tesoro: la base monetaria viene semplicemente trasferita da una parte all'altra.

E' interessante notare da dove nasca il mito delle tasse "distruttrici di moneta". Dal momento che i pagamenti elettronici risultano (enormemente) più comodi per l'organizzazione statale, il conto del Tesoro presso la BC è elettronico; perciò vi può essere accreditata solo base monetaria in forma elettronica. Nel caso in cui alcune tasse vengono pagate tramite banconote, la BC deve convertirle in forma elettronica. Banalmente: le brucia o trita [2] e accredita il loro valore sul conto del Tesoro. Quindi quel denaro non viene distrutto - altrimenti non ci sarebbe alcun accredito verso il Tesoro! - ma solo convertito in una forma più comoda per lo Stato. Purtroppo i sostenitori del mito fraintendono grossolanamente questa procedura, poiché trascurano o ignorano che alla distruzione fisica delle banconote corrisponda l'equivalente accreditamento verso il conto del Governo. Di conseguenza, ritengono che la distruzione delle banconote confermi indirettamente la loro teoria sulla spesa pubblica. Warren Mosler, proponente della cosiddetta "Teoria Monetaria Moderna" (MMT), commette spesso questo errore [3].


Concludiamo con una considerazione di buon senso. Ammesso e non concesso che mettere più denaro in circolazione sia una buona cosa, per farlo bastano le normali operazioni della BC verso il settore bancario. Se lasciato libero da ostacoli burocratici, quest'ultimo sarebbe ben felice di impiegare la moneta così ricevuta. In alternativa, se proprio si vogliono escogitare soluzioni fantasiose, basterebbe distribuire denaro direttamente ai cittadini [4] senza l'interessata intermediazione dei politici.

Weierstrass

PS: un altro tipico errore dei cartalisti consiste nel confondere le operazioni di politica monetaria (cioè la creazione di moneta da parte della BC) con la spesa pubblica. E' bene sottolineare che tale modo di argomentare non ha alcun senso logico e/o economico. Per spesa pubblica si intende l'acquisto di beni/servizi da parte della Pubblica Amministrazione e, eventualmente, tale definizione può essere estesa fino a comprendere i trasferimenti (sussidi, pensioni, etc). Le operazioni di politica monetaria non ricadono in queste categorie, poiché consistono "solo" nel concedere prestiti; quindi non rientrano nel bilancio statale. Detto in altri termini: la quantità di moneta potrebbe aumentare anche qualora la spesa pubblica fosse pari a zero (al netto delle spese per stipendi, bollette etc della BC stessa).

[1] Solo in alcuni paesi del Terzo Mondo la BC si occupa anche di monetizzare la spesa pubblica a deficit. Nei paesi sviluppati, invece, sono state istituite regole per impedirlo. 

[2] Nulla vieterebbe di riutilizzarle per le normali operazioni della BC, ma per varie ragioni - usura delle banconote, igiene - alla bisogna si preferisce stamparne di nuove. 

[3] Nell'opuscolo "Seven deadly innocent frauds of economic policy", Mosler cita proprio l'esempio delle banconote gettate nel tritadocumenti - tacendo su ciò che accade al conto del Tesoro. Solo in una nota successiva ammette che vi sia un trasferimento di riserve dalla banca del contribuente al conto del Tesoro, ma sembra non rendersi conto delle sue implicazioni logiche. 

[4] Chiaramente, in tale scenario, l'inflazione sarebbe assicurata. 

Nessun commento:

Posta un commento