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venerdì 17 ottobre 2014

Basi di economia (3/6) - scambi volontari & concorrenza

Terza puntata sui principi fondamentali di economia. Qui si trova la seconda parte. 



Abbiamo visto che le persone, agendo nel proprio interesse, sono portate ad applicare i principi della divisione del lavoro e del libero commercio (cioè degli scambi volontari). Oggi approfondiremo alcune conseguenze di quest'ultimo.

Se uno scambio è volontario, significa che entrambe le parti contraenti lo ritengono vantaggioso per se stesse. Al contrario, se almeno una delle due parti non lo ritenesse vantaggioso, non avverrebbe alcuno scambio.
Facciamo un esempio. Tizio compra 1 kg di pane da Caio, al costo di 2 €. Ciò significa che Tizio preferisce avere 1 kg di pane in più e 2 € in meno, mentre Caio preferisce avere 2 € in più e 1 kg di pane in meno. Entrambi beneficiano della scambio. Se Tizio preferisse tenere il denaro e non avere il pane, o se Caio preferisse tenere il pane e non avere il denaro, lo scambio non avverrebbe [1]. 

Dunque ogni scambio volontario deve soddisfare entrambe le parti. Cosa ne consegue? Che l'interesse di una delle due parti va a coincidere con l'interesse dell'altra. L'interesse del fornaio è vendere il suo pane in cambio di denaro; per fare ciò, deve convincere qualcuno a comprare il suo pane; per fare ciò, deve soddisfare i suoi clienti (cioè offrire loro un prodotto con qualità e prezzo soddisfacenti). L'interesse del fornaio va a coincidere con l'interesse dei clienti, come sottolineato in una celebre frase di Adam Smith: "non è dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio che ci aspettiamo il nostro desinare, ma dalla considerazione del loro personale interesse".
Ovviamente stiamo considerando solo l'interesse economico del fornaio, mentre nella realtà ogni persona ha anche altri tipi di interesse. Perciò possiamo dire che le aziende sono economicamente incentivate a soddisfare i loro clienti. Se non lo fanno, ne pagano le conseguenze (cioè vendono di meno).

Un contributo importante al rapporto tra aziende e clienti è dato dalla concorrenza, cioè dalla presenza di più aziende all'interno dello stesso settore. Se due aziende vendessero lo stesso identico prodotto a prezzi diversi, i clienti si rivolgerebbero all'azienda che applica il prezzo più basso. 
Se invece due aziende applicassero lo stesso prezzo a prodotti di qualità diversa, i clienti si rivolgerebbero all'azienda che fornisce la qualità migliore. In altre parole: la concorrenza incentiva le aziende a migliorare il rapporto qualità/prezzo dei beni che producono. 
Più in generale, un settore è aperto alla concorrenza quando non c'è alcun ostacolo all'ingresso di una nuova azienda. La possibilità che possa nascere una nuova azienda in quel settore è motivo sufficiente a spingere ogni azienda esistente nel migliorare il rapporto qualità/prezzo dei suoi prodotti.
Infine, un ulteriore contributo alla concorrenza nella produzione di un bene si ha quando quest'ultimo può essere sostituito con altri beni (sostituti). Le vacanze al mare possono essere sostituite dalle vacanze in montagna. Il sugo al ragù può essere sostituito dal sugo al pesto. Il viaggio in treno può essere sostituito dal viaggio in automobile. E così via. La presenza di beni sostituti obbliga le aziende di un settore a confrontarsi con quelle di altri settori, ponendo le une in concorrenza con le altre.

Ricapitolando: le aziende sono incentivate a soddisfare i loro clienti e, in assenza di restrizioni alla concorrenza, migliorare il rapporto qualità/prezzo dei loro prodotti. Questi concetti vengono spesso riassunti con l'espressione "mano invisibile". Fintanto che gli scambi sono volontari (libero mercato), l'interesse economico di un individuo va a coincidere con quello altrui.
Ovviamente nulla impedisce che una persona agisca contro il proprio interesse economico, o che commetta errori nel tentativo di assecondarlo. In entrambi i casi, ne paga le conseguenze - e questo è il disincentivo migliore che si possa avere.

Weierstrass

Qui la quarta parte.


[1] Questo esempio introduce anche un altro concetto, ovvero la teoria soggettiva del valore. Il valore di un bene non è oggettivo: non è indipendente dal giudizio della persona che sta valutando se comprarlo o no. Lo stesso dipinto può valere molto per una persona e poco per un'altra - non a caso, esistono le procedure d'asta.
Ma non solo. La stessa persona può valutare in maniera differente lo stesso tipo di bene. Se Tizio ha molta sete, il primo bicchiere d'acqua che trova ha un grande valore per lui; il secondo bicchiere vale un po' meno, il terzo ancora meno...e così via. L'utilità di un bene dipende, oltre che dalla persona che lo valuta, anche dalla sua quantità. Questo concetto si chiama "utilità marginale". 

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